Incontro il coaching nel 2007 e maturo la maggior parte della mia esperienza in ambito corporate, tuttavia non mi definisco “corporate coach” perché non riesco a separare i diversi ambiti di vita di un cliente: life & business coach per me significa semplicemente “coach”.
Sento la connessione di tutti i sistemi cui una persona appartiene e forte, in me, grida la convinzione che il coaching è uno, sia che lo si faccia in azienda che fuori di essa. Anzi, mi correggo, il coaching non è uno, il coaching è tanti, tantissimi, quanti sono i clienti che ne usufruiscono. Il colore, il tono, il volume, il tema, la nicchia, il brand del coaching lo definisce il cliente nel suo percorso e, mi spingo oltre, in ogni singola sessione.

I miei clienti trovano nutrimento nel rafforzare la consapevolezza di sé, lavorando, poi, ad un processo di accoglienza e legittimazione dei propri pensieri, sentimenti e desideri, attivando così l’energia per procedere nella direzione scelta. La sfida attuale non sarà né la prima né l’ultima, ma lavorare sull’obiettivo di oggi permette di sviluppare ciò che più conta: uno stile personale ed unico per muoversi in modo flessibile in direzione del proprio benessere e della propria soddisfazione. A quel punto la mia presenza diviene superflua. Sembra un paradosso, ma arrivare a sentirsi inutili nel coaching è un segnale di lavoro ben fatto ed una sensazione bellissima.

Credo molto nelle competenze e nel codice etico ICF ed ho una credenziale PCC. Sono, inoltre, certificata come Hogan Assessor e nell’Individual Effectiveness IE-jca, strumento di intelligenza emotiva

Il mio percorso professionale si è sviluppato prevalentemente lavorando per grandi aziende della consulenza HR, di cui condivido valori e attenzione alla qualità, ma in termini di apprendimento non sono meno riconoscente alle esperienze di qualche secolo fa come cameriera ed addetta ad un ufficio turistico.